The Smile Wall of Eyes la recensione del disco

0
228 views
The Smile Wall of Eyes la recensione
Take from Bandcamp Smile

The Smile Wall of Eyes la recensione

Di Alex “Amptek” Marenga.

Radiohead, un passato ingombrante

E’ sempre difficile parlare dei lavori di personaggi che hanno realizzato album intramontabili senza fare inevitabili confronti. Avveniva per i dischi solisti di Gilmour/Waters o per Lennon/McCartney, autori che hanno firmato dei capolavori che gli restano indissolubilmente collegati.

Ma Thom Yorke, tutto sommato, pur non riuscendo ad eguagliare le vette dei Radiohead, anche grazie alla sua indole sperimentale, è riuscito spesso e volentieri ad evitare scomodi confronti con il suo passato.
Malgrado il primo lavoro del progetto The Smile contenesse una serie di buone idee anche se solo accennate era riuscito a proporre alcuni momenti di grande scrittura (come “Free in the Knowledge”) e sicuramente di grande esecuzione strumentale grazie anche al nuovo venuto, Tom Skinner, interprete nel nu-jazz britannico (collaboratore di Shabaka Hutchins nei Sons of Kemet e dei London Brew) e alla sapiente produzione di Nigel Godrich.

La popular music è frutto di un lavoro di equipe e non della visione individualista del “genio solitario” idealizzato nella musica accademica e la figura del produttore resta fondamentale.
Pur non essendo una figura leggendaria come Brian Eno o George Martin, Godrich segue i Radiohead e i loro derivati da anni e il suo apporto non si limita solo a “tocchicchiare” gli slider del mixer.

Il produttore, specie se conosce bene l’artista, riesce ad interpretare le potenzialità di un brano meglio dell’autore stesso imprimendogli direzioni che nemmeno il compositore intravedeva.

A prescindere dal mix, in particolare nelle parti di batteria, alquanto sbiadito, “Wall of Eyes” sembra mancare del supporto di un personaggio esterno in grado di intervenire sulla struttura dei brani e sulle scelte artistiche.
Inoltre, Yorke e Greenwood sembrano cortocirtuitarsi sui loro stessi clichè, in particolare nella scrittura dei brani. Gli arrangiamenti, sia degli archi che delle chitarre elettriche sono, invece, gli unici momenti in cui il materiale sembra recuperare freschezza.
I riferimenti ad “A Day in the Life” sono, forse, fuoriluogo, ma è indubbio che il trio si è fortemente ispirato al pieno orchestrale di George Martin nel capolavoro dei Beatles in almeno una occasione.

Ascolta il disco su Bandcamp.

Wall of Eyes la recensione

Il disco inizia con “Wall of Eyes” la title track, una ballata accompagnata dalla chitarra acustica dal sapore vagamente latin, con la voce di Yorke immersa in tonnellate di riverbero che ricalca lo schema di vari altri brani del nostro, senza aggiungere nulla di sostanziale, anzi, come vari brani in tracklist, ha quasi l’aria di un outtake.

Il secondo brano “Telharmonic” fa diretto riferimento all’omonima scheda eurorack della MakeNoise ispirata allo strumento elettronico ideato da Thaddeus Cahill nel 1897 che dovrebbe essere all’origine del suono elettronico introduttivo. Il brano ha ancora una volta un andamento latineggiante, stavolta il ritmo è scandito dal rimshot di Skinner e la voce è immersa nuovamente in un mare di riverbero, nuovamente ricalca l’andatura di vari brani dei Radiohead senza averne l’incisività.

Read the Room” utilizza un giro asimmetrico di chitarra elettrica che indubbiamente lo valorizza e tenta strade diverse, ma il brano manca di una scrittura solida.
Under Our Pillows” segue lo stesso schema, ancora una volta la canzone si appoggia sullo strumentismo indubbiamente caratterizzante di Greenwood e dello stesso Yorke, ma la scrittura non è esaltante.

Friend of A Friend”, è una traccia con una scrittura più articolata, mette insieme alcuni elementi ricorrenti del patrimonio Radiohead, dalla parte di pianoforte asimmetrica al cromatismo di accordi in crescendo, è forse uno dei migliori episodi del disco.
I Quit” ripropone i riverberoni sulla voce, su un arrangiamento scarno di chitarre, anche qui i riferimenti a brani del passato sono numerosi.

Bending Hectic” è probabilmente la traccia più riuscita del disco. Originale la “stiratura” della corda cantina nell’arpeggio di chitarra, buono l’inserimento orchestrale e il finale rockeggiante. Il disco si conclude con “You Know Me!” altra ballata sognante impreziosita dagli archi della London Contemporary Orchestra.

The Smile sembra un progetto in grado di mettere in campo delle idee interessanti senza riuscire a uscire, però, da schemi prevedibili.
La figura di Tom Skinner potrebbe avere un ruolo, probabilmente, di maggior incisività, data la sua carriera ricca di collaborazioni eccellenti, invece, è messa in secondo piano, sia a livello di mix che di apporto alle strutture compositive.

Forse l’idea di dover suonare tutte le parti strumentali in tre, lavoro indubbiamente articolato, costringe i tre musicisti ad eccessive complicazioni, ma siamo lontani dai fasti del passato.

Ci auguriamo che l’annunciata collaborazione con l’astro nascente dell’elettronica James Holden, annunciata per il prossimo concerto di Roma, possa imprimere una svolta a un progetto che sulla carta può avere grandi potenzialità.

Ti potrebbe interessare:

The Smile Wall of Eyes la recensione

 

The Smile Wall of Eyes la recensione
Take from Bandcamp official The Smile.