La storia della chitarra synth, analisi ed evoluzione

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La storia della chitarra synth
La storia della chitarra synth, analisi ed evoluzione.

1.0 La Chitarra Synth: L’aspetto tecnologico

Le origini

Fin dagli anni 70, quando i neonati sintetizzatori imperversavano fra i tastieristi, i chitarristi hanno guardato con interesse alle possibilità timbrico espressive di questi nuovi strumenti.
I primi strumenti a permettere l’interazione fra il suono della chitarra e gli oscillatori dei synth sono stati EMS, 360 System,  Korg Ms 20 e infine Roland.

I primi chitarristi ad adottare la Chitarra synth dispositivi complessi e con molti problemi di conversione sono stati John McLaughlin, Steve Hackett e Paolo Tofani degli Area.

Questi sistemi impiegavano una tecnologia che traduceva l’altezza delle note eseguite dalla chitarra in segnali control voltage, ovvero in tensioni  in grado di pilotare sezioni di un sintetizzatore classico che eseguiva con il timbro programmato  la melodia che veniva suonata (pitch to control voltage).

Questa traduzione era spesso imprecisa e difficile da tarare, e i synth analogici erano spesso instabili e sulle loro prestazioni poteva incidere il tempo di accensione, la temperatura o il grado di consumo dei componenti.

Alla fine degli anni 70 con il sopraggiungere dei  modelli GR della Roland, in particolare dopo l’uscita della serie Gr300, adottata da Pat Metheny, Robert Fripp, Adrian Belew, Jimmy Page, Andy Summers ci fu un crescente interesse verso questi suoni che culminò con l’introduzione del costosissimo Synthaxe.

Anni 80: Il salto in avanti

Il Synthaxe creato nel 1985 da Bill Aitken, Mike Dixon e Tony Sedivy superava l’uso della chitarra tradizionale introducendo il concetto di controller e generando un nuovo filone di strumenti per chitarristi “elettronici” che evitava le complessità di conversione della chitarra standard.

L’introduzione sul mercato di nuovi modelli di sintesi, come l’FM e le tecniche di campionamento PCM, contemporaneamente alla diffusione del protocollo MIDI che permetteva di collegare fra di loro più strumenti elettronici diede un nuovo impulso a queste tecnologie.

Da un lato questo impulso indusse l’industria ad operare direttamente la conversione fra vibrazione della corda a protocollo digitale. Questo trasformava la chitarra in un controller che operava in modo analogo alle tastiere inviando dati MIDI ad expander e sintetizzatori.

I sistemi di chitarra synth polifonici si fondavano su un apposito pick up inserito sullo strumento detto esafonico.

In parole povere la vibrazione di ogni corda era prelevata da 6 magneti separati  che inviavano il segnale ad una centralina su sei coppie di cavetti diversi. Dalla chitarre uscivano ed escono, infatti, degli appositi cavi multipolari. I sei segnali venivano poi tradotti in digitale nel famoso protocollo MIDI che permetteva attraverso dei cavi pentapolari standard di pilotare più di un sintetizzatore o computer.

A cavallo degli anni 80 nasce una nuova aspettativa diffusa fra gli utilizzatori di tastiere e strumenti elettronici. Grazie alla tecnologia del campionamento che, catturando porzioni di suono acustico, permetteva la riproduzione di suoni che imitavano in modo realistico strumenti come pianoforti, percussioni o intere sezioni d’orchestra i musicisti pretendevano che i sintetizzatori gli offrissero banche che richiamassero strumenti pre-esistenti.

Mentre la sintesi analogica, utilizzando forme d’onda prodotte elettronicamente modificate da filtri e modulatori, produceva suoni palesemente elettronici le nuove tecnologie permettevano di semplificare l’esecuzione evitando l’ingombro  e il costo di strumenti come pianoforti o sezioni di fiati imitandone il timbro in modo sempre più convincente.

Entrano sul mercato anche una serie di concorrenti di Roland, come Casio, Korg,  Yamaha (G-10) e Ibanez (XING). E anche il Synthaxe viene affiancato da soluzioni simili di varia qualità e facilità d’uso come la Stepp DG-1 Guitar, Yamaha EZ-AG o ancora la Casio DG1 e DG20.

Le tecnologie di generazione di suono elettronico introdotte begli anni 80, come l’FM, offrivano timbri sintetici diversi dai vecchi analogici che davano un sound più aderente agli stili del nuovo decennio.

Sulla chitarra MIDI il passaggio tecnico successivo operato dalla Roland fu quello di svincolare lo strumento dal sistema di conversione evitando ai chitarristi di adottare una chitarra apposita.

Nascono quindi i pick-up esafonici della serie GK apponibili su qualsiasi strumento e collegati a scatolotti esterni ai quali era ed è ancora affidata la conversione MIDI e, a seconda dei casi, l’emissione del suono sintetizzato.

La situazione attuale

Attualmente i filoni tecnologici sui quali si muove l’evoluzione di questi strumenti sono sostanzialmente quattro:

  1. I derivati del Synthaxe, ovvero delle simil-chitarre che possono solto pilotare dei sintetizzatori esterni o i computer senza ritardi o errori dovuti a complesse conversioni. Questi strumenti sono spesso sviluppati da piccole società che utilizzano fonti di finanziamento come kickstarter
    Tra questi vi sono le Starr Labs, c’è il controller per consolle YouRockGuitar e il suo sviluppo professionale Lineage MIDI guitar, ci sono gli strumenti di Misa Digital (come Kitara o Tribass) o il Jamstik Midi.
  2. Strumenti dotati di pick-up esafonico o similari che mantengono la loro identità di chitarra elettrica o acustica, come le ottime chitarre della Godin, alcuni modelli Fender o la Moog Midi Guitar E1-M. Spicca anche la chitarra di Rob O’ Reilly la Expressiv MIDI (ROR Guitars).
  3. Pick-up esafonici apponibili su qualsiasi chitarra con pochi semplici passaggi come i classici Roland GK3, Axon, Shadow o il Fishman Triple Play, l’innovativo ACPAD per le chitarre acustiche.
  4. Sistemi software o hardware che operano la conversione senza bisogno di alcun pick-up aggiuntivo e che rappresentano la nuova frontiera di questa tecnologia. Nello sviluppo di software (plug in o stand alone) vi sono la tecnologia software di Jam Origin o di Migic, In quello hardware le varie scatolette di Electroharmonix (Synth 9), Pigtronix o l’ultimo sviluppo di Boss/Roland il SY-300.Non mancano le ibridazioni con Arduino o con il sistema di effettistica Kaosspad della KORG.

Anche i sistemi di emissione sonora sono radicalmente più complessi.

Lo sviluppo di tecnologie virtuali come la serie V della Roland  o Line 6  Variax permettono di riprodurre con una sola chitarra il suono di innumerevoli altre chitarre le cui caratteristiche timbriche sono state  inglobate in algoritmi e di infiniti amplificatori ed effetti emulati digitalmente.

Pur essendosi sviluppata a dismisura la qualità e la tecnologia di sintesi, questa sembra essere solo rivolta a tastieristi e dj.
L’industria offre oggi ai chitarristi che intendano avvicinarsi a questa tecnologia soluzioni sempre più avanzate ma prevalentemente imitative di altri strumenti o di vari modelli di chitarra con scarsissime possibilità di creazione di timbriche originali.

Da un alto questo è effetto della stagnazione dello strumento entro i confini di generi del passato che utilizzano per lo più suoni tradizionali.
La tendenza tecnologica sembra inscatolare dentro un perimetro delimitato dalle convenzioni estetico culturali ciò che un musicista possa fare se suona un determinato strumento. In realtà le nuove tendenze musicali propendono ad un uso sempre più massiccio di suoni elettronici originali e particolari.

2.0 La chitarra synth: la questione estetica

Il suono sintetico nella popular music

L’impiego dei sintetizzatori risente dell’evoluzione estetica dei generi musicali nel corso del tempo. Negli anni 70 ad adottare questi sistemi complessi e costosi sono pochi chitarristi di successo in grado di gestirne le complicazioni tecniche e curiosi di esplorare nuove dimensioni sonore. L’approccio ai synth, in questa fase storica, anche per i tastieristi è di tipo innovativo.

La primissima fase di esistenza commerciale di questi strumenti vede l’ingegnere statunitense Robert Moog introdurre nel 1963/4 il suo sintetizzatore modulare che nel 1968 grazie al disco di Walter Carlos “Switched-On Bach” diviene improvvisamente popolare scatenando una serie di dischi delle più improbabili cover realizzate con questo strumento.

Ma una vera attenzione attorno alle possibilità creative dei suoni elettronici si ha sul finire degli anni 60, con i suoni sintetici utilizzati dai Beatles su ”Abbey Road” (1969), con la nascita del rock cosmico tedesco (Tangerine Dream, “Electronic Meditation”, 1969) e con il grande successo commerciale del gruppo rock-prog Emerson Lake and Palmer. Questa prima fase è caratterizzata da una generale attenzione alla ricerca di suoni caratterizzanti e originali e di un sound distintivo che portava coloro che adottavano questi strumenti a misurarsi con una certa complessità operativa.

Non era possibile salvare i suoni e ogni timbro andava programmato connettendo fra di loro i vari moduli che componevano lo strumento, un grande miglioramento venne determinato dall’introduzione nel 1970. del Minimoog, che moderava ingombri, costi e complessità.
Ma i generi che attraevano il pubblico in quegli anni avevano una larga componente di sperimentazione come il rock progressive, il rock cosmico tedesco (o kraut-rock), il jazz-rock etc. Perfino la musica dance iniziò ad impiegare i sintetizzatori per la pienezza timbrica dei suoni bassi e a fine anni 70 la disco music proporrà una vasta presenza di suoni elettronici.

I pionieri

In questa cornice l’uso della chitarra synth è limitato ad alcuni artisti pionieristici come John McLaughlin che usa il 360 system nell’album “Inner Worlds” del 1976 della Mahavishnu Orchestra e Paolo Tofani degli Area a partire dal disco ”Arbeit Match Frei” del 1973 dove utilizza un sistema EMS (Electronic Music Studios).

Ambedue i chitarristi usano questi sistemi in modo creativo e originale, in certi momenti sono quasi indistinguibili dai tastieristi per scelta timbrica, ma capaci di disgressioni sperimentali estreme come Tofani su “Indicazioni” del 1977.

La pasta sonora è analogica, e malgrado la complessità di gestione dei sistemi, dall’ascolto si ricostruisce la caratterizzazione chitarristica del fraseggio e del tocco.
Il punto di svolta si ha alla fine degli anni 70 con l’introduzione del sistema Roland Gr300. Il sintetizzatore polifonico è analogico pilotato da una serie di chitarre elettriche proposte ad hoc dalla Roland (in realtà prodotte da altre case giapponesi come Greco e Ibanez).

La fine del decennio sta facendo emergere nuovi filoni musicali e anche i suoi protagonisti adottano strumenti nuovi per rinnovare le idee sonore e inserirsi negli anni 80 impiegando nuovi schemi formali  e timbri moderni.

Il jazz-rock sta divenendo un genere di massa e non solo una musica destinata ad una elite raffinata con il nuovo nome di “fusion” e l’attenzione nei primi anni 80 a queste produzioni è altissima.

La chitarra elettronica

E’ del 1982 l’uscita del disco “Offramp” del chitarrista emergente Pat Metheny.
Già rinnovatore del suono tradizionale della chitarra jazz in questo album il chitarrista statunitense fa largo impiego del sistema Gr 300 per i suoi assoli.

Metheny utilizza un tipico suono elettronico di brass con una pasta analogica piena, capace di piegarsi espressivamente al fraseggio e alle tipiche legature dello strumento. Il suono di Metheny si impone in particolare grazie al brano “Are You Going with Me?”, un lungo tango elettronico che si conclude con un crescente assolo di Gr 300 che ridefinisce il ruolo della chitarra nel nuovo mondo tecnologico.

L’impatto del disco di Metheny è epocale. Il suo suono di Gr300 diventa una patch di tutti i sintetizzatori sviluppati successivamente dalla Roland e sarà soggetto a migliaia di imitazioni.

Metheny lo utilizzerà in modo costante riuscendo a forzare ulteriormente le possibilità della chitarra synth interfacciandola al nuovo super-campionatore Synclavier e in “The Calling” del 1984  (dal disco “Rejoincing”) ad esasperare ulteriormente le possibilità timbriche della sintesi analogica del Gr300 nella direzione del free rumoristico.

Adotteranno il sistema 300 con il Synclavier anche altri chitarristi in particolare John McLaughlin che lo utilizzerà ampliamente nel disco Mahavishnu del 1984.
Contemporaneamente all’esplosione del fenomeno fusion e al successo di Metheny si ricompone uno dei progetti musicali più creativi degli anni 70: i King Crimson. Il gruppo di Robert Fripp prevede una formazione adeguata ai tempi e oltre alla presenza del batterista storico Bill Bruford e del bassista Tony Levin c’è il chitarrista Adrian Belew. Tutti i componenti adottano strumenti di nuova concezione, pad elettroni ci per le percussioni, lo stick bass di Chapman e i sistemi Roland per le chitarre.

L’approccio di Belew e Fripp ai guitar synth è completamente diverso sia nei timbri utilizzati che nell’approccio meno solisitico e più rumoristico sperimentale.
Nell’album “Discipline” del 1981 vi sono alcuni degli esempi più significativi di questo approccio nei brani “Elephant Talk” e The Sheltering Sky” ma i guitar synth troveranno ampi spazi in tutti i dischi successivi.
Anche l’ex chitarrista dei Genesis, Steve Hackett  inserisce sistemi Roland nella propria strumentazione facendone un uso orchestrale già a partire da “Please don’t touch” (1978).

I sistemi Roland Gr300 vengono sostituiti sul mercato dal Gr700 la cui chitarra è caratterizzata da un braccio che collega la paletta al body per stabilizzarlo dalle vibrazioni e migliorare l’intellegibilità del tocco.

I problemi dei primi sistemi sono nel ritardo fra tocco reale ed emissione del suono convertito MIDI e nella capacità dei sistemi di convertire correttamente l’informazione.
Il tocco del chitarrista doveva essere nitido e perfettamente chiaro, mentre normalmente gli stili del chitarrismo elettrico sono ricchi sfumature e legature difficilmente eliminabili.

Queste problematiche sembrarono essere superate dall’introduzione del Synthaxe che caratterizzò il lavoro di Allan Holdsworth e di Lee Ritenour. Strumento costosissimo il Synthaxe costringeva lo strumentista a confrontarsi con un oggetto con caratteristiche notevolmente diverse da una chitarra tradizionale ma con delle innovazioni che gli permettevano di adottare metodi esecutivi tipici dei tastieristi e dei fiatisti.

L’approccio di Holdsworth è sperimentale, la sua musica è di ricerca e si incentra sull’improvvisazione su complesse strutture ritmico-armoniche. Il fraseggio di Holdsworth è caratterizzato dall’uso di legati e di successioni rapidissime di note tendenti a riprodurre l’approccio di un fiatista.

Il Synthaxe è uno strumento che si presta a soddisfare ampliamente queste propensioni e il chitarrista britannico lo impiega a partire dal disco “Atavachron” del 1986.
Notevole è anche l’impiego percussivo e batteristico che ne fa Roy Wilfred Wooten “Futureman” batterista del gruppo del banjoista Bela Fleck.

In questa cornice sembra che i guitar synth offrano ormai possibilità di sperimentazione e di ricerca senza limiti anche per i chitarristi, ma la realtà è che questi generi musicali e i loro interpreti con il finire del decennio si arroccarono su modelli estetici di tipo più tradizionale e questi strumenti vengono gradualmente marginalizzati.

La diffusione del sistema Gr700 e con i successivi strumenti proposti da Roland e dai suoi concorrenti (Yamaha, Casio, Axon, Stepp etc.) coincise con un uso timbrico dei synth in genere sempre più convenzionale e sempre più ripiegato sull’imitazione di suoni pre-esistenti.

Col chiudersi della fase di successo della fusion, la tendenza ad imitare Metheny venne meno e tutto quel mondo ripiegò su un uso più convenzionale incentrato sulle chitarre semiacustiche e sui suoni tradizionali.

Anche nelle proposte delle case costruttrici le caratteristiche di modifica dei suoni nei synth commercializzati per chitarristi divennero sempre più essenziali e l’attenzione degli utilizzatori si concentrò sulla varietà dei preset programmati dalla casa costruttrice che sulle potenzialità  dello strumento.

I sistemi sul mercato si concentrarono a proporre macchine che permettessero al chitarrista di eseguire parti con il suono di organo piuttosto che di sassofono anziché di sperimentare nuove dimensioni e la tendenza di questi strumentisti a utilizzare effetti e strumenti con poche complicazioni tecniche ha gradualmente marginalizzato sempre più l’impiego di questo strumento malgrado l’innovazione tecnica ne abbia notevolmente migliorato le prestazioni.

Resta il rimpianto per aver trascurato talune tecnologie, come quelle della serie Gr300, inseguendo le tendenze di mercato, che per capacità espressive e sonore ancora oggi potevano avere un ruolo creativo e sperimentale.

Il percorso della chitarra synth in realtà è ancora da scrivere, la popular music del nuovo millennio è impregnata di elettronica e anche chitarristi di gruppi dal successo di massa come i Muse come Matthew Bellamy non disdegna l’uso di chitarre con integrazioni elettroniche molto particolari.

Alex (Amptek) Marenga.

3.0 Dieci brani da ascoltare eseguiti con i guitar synth

AL DI MEOLA: TRACES OF A TEAR (1988).

Un brano del 1985 da “Cielo e Terra” in cui Di Meola fa amplio uso di suoni di campionati nel suo tipico stile latineggiante. L’uso dei suoni è tipico della seconda parte degli anni 80 quando la diffusione dei campionatori spinge i musicisti ad utilizzare i suoni più vari.

TERJE RYPDAL: WAVES (1978).

Uno dei più originali interpreti del jazz-rock scandinavo, il suo suono elettrico è già indistinguibile da un synth, qui alle prese con uno dei primi modelli Roland.

LEE RITENOUR: DOLPHIN DREAMS (1986).
Il Synthaxe sfruttato per le sue molteplici caratteristiche univoche nelle mani di uno dei grandi interpreti della fusion. Grande padronanza delle possibilità offerte da questo controller.

BELA FLECK AND THE FLECKTONES – Stomping Grounds (1996).

La chitarra come batteria. Futureman in un impiego originalissimo del Synthaxe, una direzione poco esplorata dell’uso di questi strumenti.

STEPS AHEAD (con Chuck Leob): POOLS  (1985).

Gli Steps Ahead furono fra i principali midizzatori dei propri strumenti. Michael Brecker adottò il sistema EWI per sassofonisti con risultati straordinari e anche il vibrafono di  Mike Mainieri è interfacciato MIDI . Qui all’epoca dell’integrazione del chitarrista Chuck Leob con il sistema GR700 Roland.

AREA con PAOLO TOFANI: LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE NERO (1973).

Uno degli anticipatori del guitar synth, con gli Area l’origine fra il suono sintetico della chitarra e quello delle tastiere è indistinguibile. Qui usa il sistema EMS.

MAHAVISHNU ORCHESTRA: LOTUS FEET (1976).

John McLaughlin nella sua fusione fra rock, jazz e musica indiana inserisce il suono sintetico del 360 system, un piccolo capolavoro

KING CRIMSON: The Sheltering Sky (1981).

Due grandi innovatori della chitarra alle prese con la sintesi, insuperati sia nell’impiego dello strumento elettrico che nell’eclettismo di quello sintetico con i Gr300.

ALLAN HOLDWSORTH: NON BREWED CONDIMENT (1986).

Uno dei più grandi chitarristi del secolo. La tecnologia Synthaxe raggiunge le sue massime possibilità creative nelle mani di Allan Holdsworth dal disco “Atavachron” (1986)

PAT METHENY: ARE YOU GOING WITH ME? (1982).

La definizione del lessico semantico del synth fra le dita di un chitarrista, uno degli apici dell’interazione fra questi due mondi, un grande suono, grande sensibilità musicale, grandi idee, insuperato.

Altro sulla chitarra synth

https://it.wikipedia.org/wiki/Guitar_synth

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