Rocco Schiavone v/s Jeeg Robot

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Certe cose accadono raramente, e solo nei film dei super eroi americani della Marvel; ve lo immaginate un film con due anti eroi come Rocco Schiavone e il Jeeg Robot de noantri?!!?

I due personaggi sono in fondo due veri e propri anti eroi, sono il parto della stessa madre che poi è la periferia romana; pur vivono in contesti all’apparenza distanti l’uno dall’altro, alla fine tutti e due convergono su un concetto semplice: quello di una romanità sconsiderata, quella dell’estrema periferia disperata e senza speranza in jeeg Robot, e quella di Rocco Schiavone, trasteverina della vecchia roma malavitosa oramai agiata, quella che ha rubato tanto in passato e che adesso più o meno se la gode.

Due vite al limite e due concetti di anti eroe che simulano un robin hood nostrano capace di gesti importanti, di azioni nobili e che rendono meno asfissianti le vite bastarde dei due. L’anti eroe Jeeg Robot interpretato da Claudio Santamaria, e l’altro anti eroe Rocco Schiavone interpretato da Marco Giallini, si affacciano sulla scena cine-televisiva come una bomba a tempo, lo scoppio dei due personaggi è ritardato ma inesorabile, forse perchè il pubblico ne aveva le tasche piene di poliziotti sempre buoni e vincenti o di ladri che venivano sempre inesorabilmente arrestati; un pò come accadeva nei film western americani, dove gli indiani sono sempre e solo cattivi, mentre John Wayne è il braccio armato della giustizia, laddove arriva solo la pistola più veloce e dove a vincere sono sempre i bianchi e i buoni sentimenti patriottici.

 

claudio_santamaria

Qui i due sceneggiatori e i due registi hanno scardinato il concetto stesso del raccontare storie, lanciando un segnale forte a una televisione/cinema spesso demagogica e ingrigiti da anni di film e serie TV fotocopia.

Se da una parte, il personaggio di Jeeg Robot è stato tirato fuori dal cappello magico di un regista e di uno sceneggiatore con già alle spalle alcune produzioni non dico alternative, ma almeno “diverse”, quello di Rocco Schiavone viene messa in mano a Michele Soavi che di serie TV “poliziotte” ne ha girate tante, ma tutte decisamente allineate allo standard televisivo italiano con derive a volte discutibili.

In realtà Soavi essendo principalmente un regista d’azione, si concentra in quello che sa fare meglio, perdendo di vista, e talvolta annichilendo il reale valore aggiunto che emerge nei romanzi di Antonio Manzini, in cui certi aspetti sono profondi, laceranti e che non lasciano spazio ad approssimazioni.

Soavi purtroppo non sempre riesce a cogliere quelle sfumature che dovrebbero essere fondamentali nel racconto, non concettualizza e non pone il giusto accento su alcuni precisi dettagli che necessitano di una lente d’ingrandimento più attenta.

E’ solo grazie alla grande flessibilità di Giallini, che certe caratteristiche del personaggio riescono ad emergere e in qualche modo a colmare lacune importanti, non sono d’aiuto inoltre le figure che lo circondano, che non sempre reggono il livello interpretativo e la storia, per cui Giallini talvolta fatica a tenere in piedi alcuni momenti cardine che meriterebbero un appoggio da parte degli attori che recitano insieme a lui; prova ne è la prima puntata in cui Giallini si trova in alcuni passaggi spaesato, e l’anima vera dell’antieroe di Antonio Manzini risulta a tratti sfocata, cosa che invece matura e cresce nelle puntate successive.

Se dovessimo immaginare un finale Jeeg Robot contro Rocco Schiavone non potremmo far altro che immaginarlo mentre rollano insieme un cannone apocalittico.

Prince Faster