E’ uscito il nuovo album di Jean Michel Jarre Oxymore, il disco è in 3 versioni: HI-Res, mixaggio 5.1 dolby atmos, e un mixaggio binaurale per l’ascolto in cuffia.
Jean Michel Jarre, pioniere dell’elettronica popular fin dagli anni ’70, torna con un nuovo lavoro concettuale e ambizioso che si ispira al pensiero di Pierre Henry, il compositore di “musica concreta” collaboratore di Pierre Schaeffer nonchè allievo di Olivier Messiaen e Nadia Boulanger.
Jarre ha potuto attingere al materiale di Henry, con il quale Jarre aveva intenzione di collaborare per l’album “Electronica”, messo a disposizione dalla vedova ma ne ha utilizzato soltanto alcuni elementi, tra i quali la voce stessa di Henry.
Alcune cose che accomunano l’esperienza di Jarre a quella di Henry sono sicuramente la manipolazione di materiale “concreto”, preso dalla realtà e usato come materia prima della realizzazione sonora e che Jarre ha intrapreso già nel 1984 con l’ottimo “Zoolook” che sfruttava il potenziale di campionamento del Fairlight CMI II, il primo campionatore commerciale, e un certo gusto verso produzioni “pop” che in Henry sfociò in una serie di contaminazioni con il rock psichedelico come in “Messe pour le temps presente – Psyche rock” con Michel Colombier o collaborazioni con band come gli Spooky Tooth, per l’album “Ceremony” ambedue del 1969.
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Jean Michel Jarre Oxymore e il disco binaurale
In Oxymore di Jean Michel Jarre, malgrado una certa evocazione nel titolo, si discosta dal minimalismo tematico intriso di sintetizzatori analogici dei suoi album storici come “Oxygene” (1976) attraverso i quali aveva riscosso un successo planetario collocandosi fra i dischi utilizzanti strumenti elettronici più venduti di sempre. “Oxymore” sfrutta una notevole quantità di suoni campionati “concreti”, senza mettere in piedi una vera ricerca sulla sintesi sonora, anzi, facendo riferimenti a elementi presi dall’universo formale post-techno, per realizzare una ricerca sulla spazializzazione.
Come spiega lo stesso Jean Michel Jarre nel suo sito: “Nella vita reale lo stereo non esiste, il nostro campo audio è di 360 gradi. Oggi, la tecnologia ci consente di esplorare la composizione nell’audio spaziale e questo apre un’esperienza completamente nuova per noi musicisti nel processo creativo. La musica sarà vissuta più facilmente da chiunque abbia le normali cuffie o le nuove generazioni di sistemi audio, offrendo un modo più fisico e naturale di ascoltare il suono e la musica in full immersion”.
Quindi i brani di “Oxymore” sfruttano i concetti di spazializzazione tentando di sfruttare le opportunità offerte dalla sistema binaurale in un suggestivo e ipnotico continuo movimento dei timbri nello spazio sonoro, idea già iniziata con l’affascinante ‘Amazônia’ del 2021 il suggestivo album ambientale realizzato per il fotografo brasiliano Sebastião Salgado.
L’idea del movimento spaziale del suono è stata esplorata a lungo, sia dagli autori della “musica concreta” che dalle avanguardie tedesche dello studio di Musica Elettronica di Westdeutscher Rundfunk (WDR) di Colonia dove attorno alla figura di Herbert Eimert nel corso degli anni ’50 e ’60 si mossero importanti compositori come Karlheinz Stockhausen o Iannis Xenakis sperimentando il movimento di spazializzazione attraverso sistemi quadrifonici, ottofonici e multipli o collocando intere orchestre in posizioni atipiche dello spazio scenico. Le incisioni discografiche dell’epoca non furono in grado, ovviamente, di trasferire ai fruitori le complesse costruzioni di questi compositori che soltanto attraverso le installazioni performative dal vivo era possibile percepire.
Successivamente ci furono tentativi, nel corso degli anni ’70, da parte di gruppi, come i Pink Floyd, di realizzare missaggi quadrifonici ma anche in questo caso, i limiti tecnici dell’impiantistica hi-fi non resero possibile la diffusione di queste tecnologie.
In anni recenti, sperimentatori come Salvatore Sciarrino hanno tentato di sfruttare la tecnologia dolby surround 5:1 dei dvd audio, ma anche questi tentativi sono rimasti circoscritti.
La tecnica binaurale nel disco di Jean Michel Jarre Oxymore, invece, nasce dallo sfruttare speciali sistemi di microfonazione in grado di captare il segnale sonoro nello spazio acustico collocandosi nella posizione delle orecchie umane ma rendendo poi possibile la percezione di questo effetto tramite l’impiego di cuffie. Lo speciale mix utilizzato da Jarre per questo album che esce anche in Dolby Atmos, 5:1 e Stereo è proprio la tecnica binaurale tentando di offrire un movimento direzionale più simile possibile a quello che avverrebbe nello spazio reale dove rumori e suoni hanno diverse provenienze ruotando attorno all’ascoltatore.
Fin dal primo brano dell’album, “Agora”, un brano che impiega la voce di Henry e alto materiale “concreto” Jarre sfrutta immediatamente questa tecnologia realizzando un interessante capovolgimento del paradigma di costruzione dei brani dove la direzione diviene un elemento cardine dell’intenzione compositiva.
Gli altri brani, come la title track o il successivo “Animal Genesis”, pur sfruttando strutture ritmiche e armonie, incentrano la propria costruzione formale sul continuo movimento tridimensionale dei timbri e delle trame sonore.
Oxymore è quindi un disco da ascoltare in cuffia in versione binaurale, e non si tratta di un’opzione, ma di un requisito necessario per comprenderne realmente il senso.
Per l’ascolto binaurale Jean Michel Jarre Oxymore
Su Qobuz puoi ascoltare l’incredibile versione binaurale.
https://open.qobuz.com/album/alyghezkg7dpb
Amptek” Alex” Marenga
I due video di Jean-Michel Jarre Oxymore
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