The Beatles James Bond 007. Il 5 ottobre 1962 è senza dubbio una data da ricordare perchè esce il primo film di 007, 007 licenza di uccidere (Dr. No) e il primo singolo dei The Beatles, Love Me Do.
L’Inghilterra usciva da una crisi economica e sociale devastate, senza contare i “cinque giorni dello smog” che costarono la vita a migliaia di persone, mentre gli americani avevano a che fare con la crisi dei missili nucleari a Cuba.
La guerra è ormai finita da 12 anni e Londra sta tornando con molta fatica alla normalità, gli inglesi stanno per entrare in un periodo davvero catartico; la scintilla che segna l’inizio di una vera rinascita, è proprio quel 5 ottobre del 1962 quando escono un film, e un disco che fecero epoca e che furono degli apripista per quella che sarà una nuova rivoluzione culturale.
Contents
- 1 Sean Connery.
- 2 007 licenza di uccidere (Dr. No).
- 3 La Bond Girl.
- 4 James Bond, il nome.
- 5 Le armi vincenti di 007.
- 6 The Beatles – Love Me Do.
- 7 Bond, James Bond.
- 8 Licenza di uccidere.
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- 11 The Beatles – Love Me Do.
- 12 Love Me Do – Rare version.
Sean Connery.
Tra gli attori che rifiutarono la parte di 007 ci furono, Patrick McGoohan, Cary Grant, David Niven, James Mason, fecero un grande sbaglio.
Sean Connery venne scelto attraverso un concorso (che però non vinse) organizzato appositamente per il film. Fu però il produttore del film Albert Broccoli a scegliere quell’attor giovane e sconosciuto.
L’attore non piaceva ne a Ian Feming, ne alla United Artist che voleva a tutti i costi un attore americano.
Connery lascia la scuola a 13 anni ed inizia a lavorare prima come pasticcere poi come piegatore di metalli, poi come minatore e poi anche come attore, all’epoca delle selezioni Sean Connery aveva preso parte a pochissime apparizioni sul grande schermo.
Nonostante questo Albert Broccoli puntò tutto su quella figura mingherlina dal piglio sfacciato e prepotente, ebbe ragione.
007 licenza di uccidere (Dr. No).
007 è la saga più longeva della storia del cinema.
007 licenza di uccidere (Dr. No) è tratto dal sesto racconto di Ian Fleming, il libro, che usciva nel 1958, aveva un titolo diverso, o meglio si chiamava 007 Dr. No o l’impronta del drago; Ian Felming era un ex ufficiale dei servizi segreti della Royal Navy e il libro lo scrisse a GoldenEye, la sua residenza in Giamaica.
Il film costò un milione di dollari, ne incassò quasi 60.
007 licenza di uccidere (Dr. No) divenne un successo planetario, al punto che in molti paesi venne proiettato 24 ore su 24.
Il film venne proposto alla casa cinematografica Columbia che fece il grandissimo errore di rifiutare il film. La seconda casa cinematografica che venne contattata da Broccoli e Saltzman fu la United Artist che, per sua fortuna, accettò di fare il film.
Fu una fortuna anche per Broccoli in quanto i diritti da lui acquisiti sarebbero scaduti dopo pochi giorni.
C’è da dire che la prima apparizione su grande schermo di 007 fu nel 1954, (007 Casino Royale) in un episodio della serie Climax.
La Bond Girl.
Ursula Andress nasce in Svizzera il 19 marzo 1936, prima di apparire in “007 licenza di uccidere” aveva fatto pochissimi film, tre per l’esattezza, uno dei quali, pensate un po, fu con Alberto Sordi in “Un Americano A Roma“.
James Bond, il nome.
Da una rara intervista a Ian Fleming.
Forse non tutti sanno che il nome della spia più famosa del mondo, è in realtà il nome di un ornitologo; Ian Fleming era un appassionato di uccelli, leggeva molti libri in merito, uno di questi era stato scritto proprio dall’ornitologo James Bond.
Le armi vincenti di 007.
L’attore: Sean Connery.
Regia: Terence Young.
La Bond Girl: Ursula Andress che esce dal mare con un costume due pezzi che per l’epoca era da arresto.
Le musiche: un tema musicale che resterà nella storia, venne scritto da Monty Norman.
Il famoso logo o “Sequenza Gunbarrel” : l’interno di una canna di pistola con al centro James Bond, venne ideato e disegnato da Maurice Binder.
Prince Faster.
The Beatles – Love Me Do.
di Ernesto Assante.
Il 5 ottobre del 1962, nei negozi compare un singolo firmato da uno sconosciuto gruppo di ragazzi appartenenti a una nouvelle vague che fu definita Merseybeat, dal fiume Mersey che attraversa Liverpool.
Sono loro, Paul, con John, George e Ringo, i “favolosi quattro”, con un nome che era già un nonsense: Beatles, deformazione di beetles, “scarafaggi”, ma con un “a” che avvicinava il nome al beat, o ironicamente al suono di beatless, ovvero senza beat. Quel singolo invece, intitolato semplicemente Love me do, di ritmo ne aveva molto, e di una qualità del tutto particolare. Spesso in musica basta poco.
E in quel caso fu sufficiente che il rullante della batteria picchiasse con un impercettibile ritardo, rispetto al tipico ritmo americano, e che il pezzo partisse direttamente col ritornello, una ripetizione ostinata, dal tono vagamente blues, sottolineata da un’armonica a bocca (suonata da Lennon) diretta e senza fronzoli, a sostegno di voci magnifiche e scintillanti.
Nulla di che, potremmo dire oggi, ma fu come uno squillo di tromba. Leggenda vuole che il loro adorante manager Brian Epstein abbia comprato qualche migliaia di copie del singolo perché fosse subito percepito come un successo.
Sta di fatto che Love me do colpisce subito nel segno e apre la strada ai successivi singoli, Please please me, She loves you, From me to you, che nel giro di pochi mesi proiettano i Beatles sulla vetta di una montagna che loro stessi creano, dal nulla. Fino a quel momento la musica inglese aveva prodotto ben poco.
Il verbo della musica giovanile era tutto in mano all’America, che di lì a poco avrebbe per la prima volta assaporato il gusto dolceamaro della British invasion, portata proprio dai Beatles nel cuore dell’imbattibile impero musicale. Ma all’inizio è una esplosione tutta europea, e prima ancora britannica. Love me do viene scelta tra una serie di provini che i Beatles e Brian Epstein portano alla Emi, dopo essere stati scartati dalla Decca a causa di un poco lungimirante direttore artistico passato alla storia per aver decretato seccamente: “questo gruppo non ha futuro”.
George Martin.
Poi la Decca rimediò allo svarione mettendo sotto contratto i Rolling Stones, ma intanto il guaio l’avevano combinato, spingendo i Beatles verso le protettive ali di George Martin che invece assicurò il gruppo alla Emi e si occupò personalmente della produzione delle canzoni. Fu lui a scegliere Love me do, che Paul McCartney aveva scritto nel 1958, secondo la leggenda una mattina in cui aveva marinato la scuola, aggiustandola poi con John Lennon. Ne furono incise diverse versioni, il che spiega perché si dice che a suonare la batteria, peraltro importantissima nello spirito del pezzo, non sia Ringo Starr. In realtà la leggenda è allo stesso tempo vera e falsa.
La Batteria.
La prima versione del singolo è quella con Starr alla batteria, ma successe che Martin, affascinato dal gruppo, ma ancora non del tutto convinto della loro infallibilità pensò che Ringo non fosse abbastanza preciso, e impose al gruppo di incidere una nuova versione del pezzo con un batterista di sala: e in questa versione Ringo si limitò a suonare il tamburello.
Ringo aveva uno stile derivato dall’esperienza dal vivo, più flessibile e soprattutto non metronomico, il che si rivelò un’arma vincente, ma in quel momento Martin aveva ancora in testa la rigida precisione degli standard discografici del tempo.
Ecco spiegato l’arcano. Martin capì rapidamente che i Beatles erano posseduti dalla grazia, in tutte le loro intuizioni, e diventò il loro più accanito sostenitore, il compagno di viaggio ideale per delle menti fervide e creative come quelle di Paul, John, George e Ringo.
Bond, James Bond.
di Ernesto Assante.
Ma, ed è questo il bello, il giorno 5 ottobre del 1962, uscì nelle sale cinematografiche inglesi il primo film di “Bond, James Bond”. Pensate: in un solo giorno l’Inghilterra, che fino a quel momento era stata tradizionalista, vecchia, impolverata, legata al mito del suo passato splendore, diventò invece la patria di ogni ragazzo del mondo che voleva vivere la propria gioventù in maniera diversa.
L’Inghilterra che i giovani amavano era quella di Bond e della sua Aston Martin, un mondo veloce e elegante, come le giacche mod che indossavano i ragazzi di Sheperd’s Bush, o come le divise dei quattro Beatles, un mondo che con le tradizioni voleva avere poco a che fare, un mondo che era già nel futuro, con le invenzioni tecnologiche dell’arsenale dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà, e con i suoni, i testi e le melodie dei “favolo0si quattro”.
Il 5 ottobre del 1962 il mondo fece un balzo in avanti straordinario e l’Inghilterra diventò, per tutto il resto degli anni Sessanta, il centro del mondo.
Licenza di uccidere.
di Gabriele Niola.
Un nome che non si fa mai tra quelli che hanno creato l’età dell’oro dei film di 007 è quello di Terence Young. È stato il regista di Licenza d’Uccidere (Dr.No), Dalla Russia Con Amore e Thunderball, tre tra i migliori in assoluto, ed avendo fatto partire la serie con il primo film è anche quello che ha impostato il tono che tutti avrebbero copiato, quello stile chiaro e sobrio, in cui si alternano con gran ritmo sequenze d’azione in un numero e una coreografia che all’epoca non era usuale, con le parti “sentimentali” che in realtà sono puramente d’acchiappo di Bond.
Se 007 esisteva già nei libri di Fleming, Young ha creato il mondo Bond al cinema. Le location esotiche riprese senza fare cartoline, l’enfasi fantastica sui luoghi in cui lavorano e vivono i cattivi di Bond, sui loro tic e i loro mezzi.
Questo regista diplomato a Cambridge aveva capito una cosa che poi tutti hanno copiato, cioè che in questo tipo di film, come in tanti altri, i veri protagonisti sono i rivali di Bond e che per definirli e dargli personalità non si può imitare quel che viene fatto nei libri (ampie descrizioni, lunghi dialoghi) ma bisogna creare ambienti, arredamenti, costumi, aiutanti e dettagli visivi che parlino per loro.
Il mondo acquatico di Adolfo Celi come le maglie alla coreana del Dr. No, è quello che crea un mood strano, fantastico e avventuroso. Bond in fondo è un seduttore cosmopolita, invece i cattivi della Spectre vivono in una realtà assurda, lontana dalla nostra, fatta di quartier generali segreti e macchinari infernali. Bond, tra tutti, è quello normale! Loro sono il vero intrattenimento.
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