20 dischi essenziali del 1972, la musica di 50 anni fa

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20 dischi essenziali del 1972,
Il 1972 è un anno ricchissimo di uscite discografiche dirompenti, e questa è una breve lista di 20 dei migliori dischi usciti 50 anni fa.

Una breve lista di 20 dischi essenziali del 1972 usciti 50 anni fa, ovviamente in quell’incredibile anno ne uscirono decine di dischi fondamentali, oggi focalizziamo il nostro articolo su questi 20.

Il 1972 è un anno ricchissimo di uscite discografiche dirompenti. Siamo nel pieno degli anni ’70 e imperversano le migliori energie creative del rock.

Il rock sinfonico o come lo chiameremo oggi “progressive” è nel suo massimo fulgore e da lì a pochi anni verrà spazzato via dalle nuove energie del punk, ma in quell’anno vengono pubblicati alcuni lavori epocali. La musica nera e il jazz sono in piena evoluzione grazie alle innovazioni di Miles Davis e folk e west coast rock stanno trasformando la forma canzone.

Negli anni ’70 il ruolo della popular music nel costume e nella cultura giovanile era sostanzialmente diverso rispetto al presente, il possesso fisico dei supporti e il formato long playing ottemperavano a un rituale simile a quello del possesso di un piccolo oggetto d’arte al quale rivolgere lunghe attenzioni e data scarsità di mass media in grado di proporre questi contenuti lungo tempo veniva dedicato all’ascolto dei dischi in vinile.

Gli album del 1972 erano quindi una presenza rilevante nelle case degli ascoltatori di musica pop e il loro formato e le loro dimensioni costringevano l’ascoltatore ad avere con l’oggetto un rapporto fisico e visivo che li rendeva parte integrante del vissuto; qui 20 dischi essenziali usciti quell’anno.

Oggi, nell’era della totale smaterializzazione e dell’ubiquità di accesso al materiale sonoro e nel consumo frammentato che ne consegue la popular music assume un significato meno rilevante andandosi ad inserire come elemento accessorio al compimento di altre attività.

In questo contesto l’artista non è più in grado di collocare la sua musica in un quadro estetico più articolato, vicina ad altri brani simili o con la medesima ispirazione e all’interno di un contorno grafico definito, può al limite collegarla ad altri prodotti di consumo.

Ma negli anni ’70 gli album di popular music assolvevano ad un ruolo culturale percepito come rilevante come quello di un libro o di un quadro.

In questo contesto alcuni di questi dischi ebbero un ruolo importante nell’orientare non solo i gusti estetici e culturali del pubblico ma anche quelli stilistici di altri artisti che ne furono influenzati, altri ebbero, invece, rilevanza nei decenni successivi grazie alle operazioni di ristampa e di recupero succedutesi nel tempo.

Alex “Amptek” Marenga.

I 20 dischi essenziali del 1972.

1) Miles Davis “On the Corner”

Il primo dei 20 dischi essenziali del 1972 è uno degli album seminali di Miles Davis, una miscela di funk afro-futurista frutto dell’ascolto delle opere di Stockhausen da parte del trombettista. Musica ridotta a un’ossatura ritmica fatta di suoni resi impastati e indistinti dai wah e dalle distorsioni fra grooves di tabla e loop ipnotici di batteria, un disco che avrà un grande impatto nei decenni successivi e che all’epoca sembrò l’ennesima stranezza del Davis elettrico.

2) Neil Young “Harvest”

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il disco per eccellenza del cantautore canadese. Il suo album più diffuso, il vero prototipo del disco presente in tutte le case dei giovani degli anni ’70, un caposaldo del folk rock. Registrato nel 1971 con l’ausilio degli Stray Gators, che diedero al disco un impronta country-rock malgrado le pesanti orchestrazioni volute da Jack Nietzsche.

3) Genesis “Foxtrot”

Nel pieno dell’esplosione del prog-rock i Genesis propongono un album nel quale un intero lato è occupato da una suite. Un viaggio fra frammenti e sezioni connessi da un filo narrativo trainato dal vocalismo teatrale di Peter Gabriel va a costituire “Supper’s Ready”. Spicca anche “Watcher of The Skies” brano epico introdotto da una sezione orchestrale di Mellotron.

4) Archie Shepp “Attica Blues”

Il grido di rabbia e di orgoglio afroamericano del free-jazz che si mischia al gospel in questa magnifica opera corale. La title track fa riferimento alla sanguinosa repressione alla rivolta avvenuta nel carcere di Attica il 9 dicembre del 1971, è un sanguigno funk spiritual orchestrale. Il disco è eterogeneo e si muove fra brani orchestrali e improvvisazioni sorrette da momenti ritmici di funk tribale vagamente psichedelici. Un album che coglie la tensione politica del periodo e la mette in musica attraverso vari piani sonori intrisi di jazz, soul, blues, spoken word, spiritual, gospel.

5) Deep Purple “Made in Japan”

il disco live per eccellenza, una delle registrazioni dal vivo più spontanee e riuscite del decennio realizzata nel tour giapponese del fortunato “Machine Head” uscito lo stesso anno. Il disco ebbe un successo enorme travalicando quello del gruppo stesso. La band era al suo massimo fulgore prima che le tensioni interne ne dilaniassero la stabilità.

6) Rolling Stones “Exile on Main Street”

Registrato in Francia per sfuggire al fisco, dopo una raffica di dischi di successo, in una full immersion di sessions in diretta e di droghe è l’album in cui gli Stones rielaborano la tradizione del rock and roll e del blues, i loro punti di riferimento. Disco sporco e grezzo con un forte impatto live venne poco apprezzato all’epoca della sua uscita per divenire con il tempo una pietra miliare.

7) Yes “Close to the Edge”

Album sinfonicheggiante in cui gli Yes, dopo il fortunato “Fragile”, si destreggiano in una suite che occupa una intera facciata fra tempi dispari, sferzate di chitarre e organi da chiesa. Il momento più emblematico è “And You And I” ballata di folk psichedelico fra le più riuscite dei quegli anni. Uno dei migliori dischi del prog anni ’70.

8) Lou Reed “Transformer”

Dopo l’esperienza innovativa dei Velvet Underground è con questo suo secondo lavoro solista che Lou Reed si afferma definitivamente nell’immaginario del rock con un album scuro, metropolitano e disturbante. Uscito in piena era glam-rock l’album si impernia sull’equilibrio fra raffinate ballate e graffianti ed essenziali canzoni rock che restano fra i brani più celebri di Lou Reed come “Walk in the Walk Side” e “Perfect Day”.

9) Jethro Tull “Thick as a Brick”

Dopo l’enorme successo del capolavoro “Aqualung” i Jethro Tull si cimentano in un’operazione influenzata dal neoclassicismo prog pur mantenendo integre le proprie influenze folk-rock-blues. Con una copertina epica che si apre come un quotidiano il disco si articola in due suite che occupano le facciate del vinile. Malgrado l’azzardo di realizzare ben due facciate con due lunghi brani, operazione difficilmente intrapresa anche dai gruppi prog, l’album resta uno dei migliori lavori del periodo grazie alla coerenza e all’omogeneità stilistica e di scrittura.

10) David Bowie “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”

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Uno dei capolavori di David Bowie nel quale si propone con una delle sue identità-personaggio che fa da filo conduttore a tutto l’album e agli spettacoli live. Bowie realizza un prodotto musicale e performativo dall’ambientazione post-apocalittica completo che si regge come un concept album fatto di ballate e di rock and roll elettrici e che partiva originariamente con l’idea di scrivere un musical.

11) Banco del Mutuo Soccorso “Darwin!”

Nel 1972 il progressive imperversa anche in Italia e uno dei gruppi emblematici della penisola sforna ben due album, quello d’esordio (il salvadanaio) e questo concept dedicato a Charles Darwin. Il BMS si mette in luce per la grande originalità distante dalle tendenze imitative del prog anglosassone capace di integrare elementi mediterranei e caratteristici che attirerà l’attenzione del pubblico internazionale.

12) Ornette Coleman “Skies of America”

L’inventore del free jazz si cimenta in una ambiziosa opera orchestrale in cui applicare le sue teorie musicali. Un album assolutamente visionario che verrà riscoperto con il passare degli anni. Dissonanze, bizzarre melodie atonali e cluster orchestrali si alternano o sovrappongono al sassofono spigoloso dell’autore in una serie di 21 quadri sonori sperimentali e astratti. E’ sicuramente un disco azzardato in cui il re del free di mette in gioco sul terreno della musica scritta ma è anche un disco spericolato e innovativo che raggiunge territori sonori inesplorati.

13) Nick Drake “Pink Moon”

Terzo album di questo autore timido e introverso che troverà un recupero graduale negli anni successivi alla sua prematura scomparsa. Con questo album di sola voce e chitarra, Drake realizza un gioiello di folk barocco e psichedelico realizzato in una sola sessione di registrazione. Una dei migliori episodi del folk rock acustico britannico di sempre.

14) Balletto di Bronzo “YS”

Altro progetto importante del progressive italiano malgrado il numero limitato di album pubblicati che rimodella la sua direzione artistica con l’ingresso di Gianni Leone (tastiere e voce), già nei Città Frontale (ex Osanna). “Ys” è un concept in bilico fra rock psichedelico, hard-rock, neoclassicismo, dark gotico e rappresenta una delle punte massime del prog italiano, un genere che avrà l’attenzione negli anni, del pubblico internazionale. La struttura compositiva di “Ys” e lo stile espresso dalla band, al netto di qualche influenza degli Elp, lo pone fra i migliori dischi italiani ed europei del periodo.

15) Popol Vuh “Hosianna Mantra”

Il gruppo di Florian Fricke è una delle massime esperienze del rock cosmico tedesco resa immortale dalla collaborazione con il regista Werner Herzog. In bilico fra musica classica europea, musica sacra, elettronica, musica orientale lo stile atmosferico e introspettivo dei Popol Vuh trova in “Hosianna Mantra” una delle sue massime espressioni. Il disco ispirato, alle visioni spirituali di Fricke, è diviso in due facciate ambedue ispirate a temi mistici.

16) Alan Sorrenti “Aria”

Album completamente fuori dagli schemi del progressive degli anni ’70 che vede un Alan Sorrenti sperimentare utilizzando una vocalità inedita e radicale. Pubblicato dalla Harvest con la presenza di Jean Luc Ponty questo lavoro propone una lunga suite improvvisata astratta e psichedelica e sul secondo lato una serie di canzoni sognanti e lisergiche interpretate sempre con un modello vocale fuori dal comune che non sempre verrà apprezzato. “Aria” diverrà negli anni un disco di riferimento della musica sperimentale europea nel corso degli anni successivi.

17) Stevie Wonder “Talkin Book”

Polistrumentista, cantante e compositore poliedrico Stevie Wonder realizza ben due album nell’anno avvalendosi anche dell’installazione di sintetizzatori analogici “Tonto” realizzati da Malcolm Cecil e Robert Margouleff. Su “Talkin Book” ci sono alcuni degli “standards” più eleganti e celebri del genio della black music, sicuramente “You Are the Sunshine of My Life” e il funk travolgente “Superstition” ma anche le altre tracce mantengono uno standard elevatissimo. Un album che gronda di funk, soul e di grande scrittura compositiva.

18) Neu!

Transfughi dai Kraftwerk che avevano eliminato ormai qualsiasi strumento tradizionale, attratti ormai dagli aggeggi elettronici, il batterista Klaus Dinger e il chitarrista Michael Rother fondano una band che avrà effetti dirompenti a lungo termine. Autori di un minimalismo elettrico essenziale condito da un groove ritmico caratteristico, il Motorik, che trova fra i suoi ideatori anche il batterista dei Can, Jaki Liebezeit, i Neu! realizzano un album che avrà forti influenze nei decenni successivi, in particolare sulla new wave, il post-rock e l’elettronica.

19) Weather Report “I Sing the Body Electric”

Secondo album per la pattuglia di ex-davisiani riuniti sotto Joe Zawinul e Wayne Shorter. Realizzato con due facciate distinte, una estratta da un live a Tokyo che troverà luce anche indipendentemente, e l’altra in studio l’album propone un jazz rock sperimentale che prende una direzione autonoma rispetto alle esperienze del trombettista ormai diretto verso una elettrificazione esasperata dei suoni. Il gruppo sorretto dalla presenza di un rigoroso Miroslav Vitous realizza un disco astratto in bilico fra jazz modale e improvvisazione libera, pieno di spazi ed atmosfere ancora distanti dalla svolta jazz fusion.

20) Franco Battiato “Pollution”

20 dischi essenziali del 1972, ecco l’ultimo di questa lista.

Disco sperimentale e situazionista del primo Battiato ispirato dagli azzardi comunicativi di Gianni Sassi. L’album di muove tra psichedelia e momenti concettuali, fra elettronica e mantra ipnotici, uno dei dischi più radicali pubblicati nei primi anni ’70 che permette al compositore siciliano di accreditarsi fra gli autori sperimentali europei. Il percorso intrapreso pone Battiato completamente fuori dagli schemi dominanti in quella fase storica e solo successivamente “Pollution” verrà recuperato come disco di culto.

La Playlist dei 20 dischi essenziali del 1972.

Una playlist su Spotify di brani tratti da album pubblicati ben oltre i venti citati…

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